Conflitti familiari: come riconoscerli e superarli.
Nell’accezione comune questo periodo dell’anno vuol dire feste, regali, grandi cene e famiglia, anche se quest’anno non è come tutti gli altri, purtroppo. Ho sentito dire a molti che, in fondo, non sono così dispiaciuti di non poter ricongiungersi alla famiglia e di passare il Natale e le feste “in pace” da soli. In effetti, dietro la patina dorata di questi giorni festivi confronti e vecchi dissapori sono in agguato.
Il Natale è un periodo di sospensione dalla vita quotidiana, solitamente il lavoro si ferma, inizia un periodo di vacanza e si vive di più la famiglia. Le generazioni si mischiano, ci si ricongiunge a quei membri della famiglia che si sono allontanati, trasferiti in un’altra città, magari all’estero.
Per poco si ritorna a quella dimensione che, come per magia, ci riproietta nel passato. Allora i vecchi conflitti, accantonati e messi da parte, sono pronti a riemergere e a reclamare l’attenzione che gli è stata negata.
La famiglia
La famiglia è il primo gruppo sociale in cui l’essere umano è inserito e su cui non ha nessuna possibilità di scelta o ripensamento. Questa struttura elementare della parentela imprime ai suoi membri una marca indelebile. Tutti i membri ne sono influenzati e influenzatori, la famiglia è un sistema vivente in continuo divenire, o almeno ci si auspica che sia così.
La famiglia è composta da individui di generi e generazioni diverse e la diversità veicola sempre un non-riconoscimento, dall’altra parte, il nome di una famiglia è il simbolo di un’identificazione in cui ogni membro si ritrova. Vediamo così come la famiglia è al tempo stesso luogo del riconoscimento e del non-riconoscimento e questo provoca una tensione costante.
Conflitti familiari ed Hegel
Le aspettative deluse, i differenti punti di vista, il desiderio di autonomia, l’ansia oppure l’invidia e la gelosia… sono molte le strade che portano ai conflitti familiari. Questo è un elemento centrale nella vita di ognuno di noi, ma anche di ogni gruppo di cui facciamo parte. Il conflitto, letteralmente, ci fa sbattere contro un altro o qualcosa che ci impedisce, fintanto che non facciamo qualcosa, di proseguire sulla nostra strada.
Il conflitto è quindi inevitabile e in sé non ha valenza, ma sarà il nostro modo di porci nei suoi confronti ad assegnargli un’accezione positiva o negativa. Possiamo definirlo positivo se verranno attivate una serie di risorse, interne ed esterne, che ci permettono di affrontare il conflitto evolvendo verso il suo superamento. Il punto forte di questo passaggio è la flessibilità, affinché sia possibile superare un conflitto è necessario esser pronti a sacrificare qualcosa per andare incontro all’altro.
E’ possibile prendere a prestito il processo dialettico di Hegel per identificare i passaggi che permettono questo superamento. Tesi, antitesi e sintesi sono i passaggi cruciali. La tesi è il punto di partenza, l’idea a cui se ne contrappone un’altra rappresentata nell’antitesi. Il terzo momento, la sintesi, consiste in una nuova idea che però sorge dalla possibilità di tenere insieme le due precedenti, un compromesso positivo che comporta per ognuna della tesi e della sintesi il sacrificio di una sua parte.
La responsabilità: è sempre dell’altro!
Spesso però si pensa che per quanto ci si sforzi di cercare di risolvere le cose, è sempre per colpa dell’altro che non si riesce a risolvere la situazione. Addossare la responsabilità all’altro è un meccanismo nocivo che porta ad un circolo vizioso: se la colpa è dell’altro allora io sono sollevato da ogni responsabilità. Come determinare dove finisce la tua ed inizia la mia? La responsabilità è, oltre il singolo, è qualcosa di con-diviso.
Se si parte da questo presupposto si finirà per sentirsi molto meno frustrati che nel caso in cui si addossi la colpa all’altro. Responsabilità vuol dire possibilità di azione e questo determina il mio senso di agenzia su di una questione. Se io me ne sento responsabile in modo proattivo cercherò di trovare una soluzione che possa risultarmi soddisfacente.
Rischio che la responsabilità diventi colpa nei conflitti familiari
Bisogna stare attenti però a non cadere nel versante opposto, cioè “se le cose non vanno è solo colpa mia”. Questo è il versante estremo della responsabilizzazione, il senso di colpa è il risultato di molteplici possibilità, che hanno comunque a che fare con il non riuscire a vedere l’altro per quello che è: l’altro, in questi casi, è spesso idealizzato e questo comporta l’autosvalutazione del soggetto. Un possibile esempio di questo caso è la violenza domestica, in cui chi è abusato può arrivare a sentirsi in colpa e credere quasi di meritare gli abusi dell’altro.
Questo è sbagliato, anche nel contesto privato della famiglia, non si devono mai superare i limiti del rispetto personale, non solo fisico ma anche psicologico, e quando questi vengono superati, chi lo fa è sempre in torto!
Scrivendo questa mi sono proposto di offrire alcuni spunti di riflessione per meglio rivedersi nelle situazioni che portano ai conflitti e provare a viverli con un occhio diverso. Sono pronto ad ascoltare le vostre testimonianze o a chiarire i vostri dubbi. Buone feste a tutti!