Problemi relazionali

Sartre diceva: “l’enfers c’est l’autre”, l’inferno sono gli altri. Gli altri ci possono fare paura, mettere ansia, farci arrabbiare, temere che ci possano fare del male, oppure possiamo utilizzarli per i nostri fini, farli oggetto delle nostre manipolazioni. Ma con l’altro, mai senza l’altro. Ogni giorno dobbiamo confrontarci con la difficoltà dell’essere in relazione e con la paura di rimanerne senza.

genitori manipolativi

Genitori manipolativi

I genitori manipolativi sono un tipo di genitore che non vede nel figlio altro che un riflesso di se stesso e che, per questo, impone la sua visione delle cose e del mondo come l’unica degna di valore. Svalutando direttamente o indirettamente ogni tentativo del figlio di potersi separare, di seguire una strada diversa da quella pensata per lui. Quando i genitori sono manipolativi La manipolazione è dunque la messa in atto, da parte del genitore, di influenzare il figlio affinché non si allontani, realmente e simbolicamente, posticipando in maniera indefinita la separazione. Questo comportamento, per quanto può essere realizzato sotto il segno di differenti idee e ideali, ha sempre come epilogo l’imposizione, la prevaricazione sulla spontaneità del figlio, rischiando di ridurne la libertà.  Tale modalità si pone in netta opposizione al cosiddetto “amore incondizionato” che generalmente si attribuisce ai genitori, soprattutto alla madre e specialmente nelle primissime fasi della vita. Lo psicoanalista Massimo Recalcati, a tal proposito, riprendendo l’immagine di madre-coccodrillo introdotta da Jacques Lacan. La madre coccodrillo, tipica del discorso patriarcale, è quella madre che sacrificando in sé ogni aspetto della donna per i propri figli, vuole divorare i propri figli, non essendo disposta a lasciarli andare, a separarsene. Essere genitori I genitori hanno un ruolo centrale per tutta la vita dei propri figli. Sono responsabili della cura dei piccoli per i primi anni di vita, quando l’organismo umano non sarebbe in grado di sopravvivere senza un supporto esterno, periodo in cui la simbiosi tra il piccolo e i genitori è naturale, sarebbe più corretto parlare di parassitismo del piccolo nei confronti del genitore. Con il passare degli anni, questa dipendenza cambia e si rende progressivamente meno necessaria, man mano che il figlio si “soggettiva” ma il legame che si è creato, in positivo e in negativo, non si dissolverà mai. Vorrei inoltre precisare che non tutti i genitori cosiddetti manipolativi soffrono di gravi patologie psichiatriche e non tutti i “malati mentali” che diventano genitori, lo sono in maniera inadeguata. Con il passare degli anni, questa dipendenza cambia e si rende progressivamente meno necessaria, man mano che il figlio si “soggettiva” ma il legame che si è creato, in positivo e in negativo, non si dissolverà mai. Vorrei inoltre precisare che non tutti i genitori cosiddetti manipolativi soffrono di gravi patologie psichiatriche e non tutti i “malati mentali” che diventano genitori, lo sono in maniera inadeguata. Il desiderio dell’altro Skinner, il padre del behaviourismo, negli anni ’30 descriveva un bambino come una pagina bianca, che poteva esser scritta a suo piacimento attraverso rinforzi e punizioni. Questa prospettiva non tiene in considerazione il desiderio. Lacan, invece lo pone al centro della sua teoria, secondo cui il desiderio dell’uomo è il desiderio dell’altro. Ogni bambino vuole ricevere amore dai propri genitori, ne ha bisogno. L’amore non è sempre incondizionato, allora per ottenerlo, si offre al genitore quanto si aspetta, per esempio andando bene a scuola o riuscendo bene in uno sport. Tanti esempi illustri possono corroborare questa tesi. Spesso troviamo nella vita delle celebrità storie in cui il desiderio di un genitore si è imposto prepotentemente su quello del figlio, l’aspettativa che questi diventasse un grande artista o sportivo, diventava l’aspetto centrale della relazione genitore-figlio – mi torna in mente il film King Richard, sul padre delle famose tenniste, le sorelle Williams. E’ vero che tutte queste persone avevano un talento eccezionale che poi li ha resi immortali, ma senza il sostegno imposto dal genitore chissà cosa avrebbero scelto di fare. Essere il migliore in qualcosa che non hai scelto è una fortuna o una condanna? Come capire se si tratta di manipolazione? Sono state individuate numerose tecniche e tattiche annoverabili al campo della manipolazione, che però non è detto che sia consapevole, anzi quasi mai lo è. Possiamo definire la manipolazione, nel contesto dei genitori manipolativi, come il risultato nel tempo di un certo comportamento e/o tipo di richiesta fatta dal genitore al figlio. Queste richieste possono essere dirette o indirette, vittimistiche e legate al senso di colpa. La minimizzazione tende a ridurre la portata del vissuto dell’altro, non tenendone debitamente conto. Dire ad un’altra persona, “stai esagerando” implica che non si considera il suo punto di vista. La stessa frase anche se detta solo per tranquillizzare è un tentativo di suggestione, dato che si cerca di influenzare la percezione dell’altro. La definirei manipolazione, solo quando questa suggestione è finalizzata all’imposizione su e alla negazione dell’altro. Questa negazione è il denominatore comune della manipolazione, come lo si vede bene nei ricatti emotivi. Vediamone alcuni: Richiesta diretta: “Se mi vuoi bene, allora fallo” Richiesta indiretta: “Se uscirai, starò in pensiero tutta notte”, Vittimismo: “Prima mi ha lasciato tuo padre, e ora tu te ne vuoi andare, sono destinata a essere sola”, Senso di colpa: “Dopo che sei nato tu, non sono più riuscita a dimagrire”. Questo tipo di messaggi veicolano un’imposizione percepita come un dovere, che impedisce di sentirsi liberi di agire secondo il proprio desiderio. Ne conseguono il sacrificio di sé o di un profondo senso di colpa se si tenta di venir meno a queste richieste ma non si è elaborata una sana distanza. Il figlio può essere trattato come l’oggetto su cui scaricare frustrazioni e risentimenti, in virtù di un rapporto che non è paritario e che, proprio per questo, permette di far leva su una minore resistenza da parte di chi la subisce. Possibili soluzioni La distanza fisica che si pone con la famiglia di origine è un’indicazione interessante del bisogno immaginario di vicinanza o di lontananza. C’è chi si trasferisce a decine di migliaia di chilometri di distanza, chi vive due piani più sotto o chi non se ne allontana mai. La distanza fisica non è però risolutiva, anche da lontano un genitore può essere molto presente. Si tratta piuttosto di poter mettere una distanza simbolica come esito del processo di individuazione soggettiva. Smettere di essere figlio, con tutte le conseguenze che ciò comporta, è un passaggio fondamentale per poter sentirsi liberi verso se

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gelosia

Gelosia

Che sentimento è la gelosia? La gelosia è un sentimento indotto dal timore di poter perdere, a causa di un terzo, qualcuno che per noi è molto importante. Questo particolare sentimento colora le relazioni affettive e in special modo quelle amorose. Possiamo distinguere tre tipi di gelosia: quella normale, quella ossessiva e quella delirante. Gelosia sana Aver paura di perdere qualcuno è indice del fatto che a quel qualcuno non si è per nulla indifferenti. Per questo, una quota accettabile di gelosia è da considerarsi in fondo anche piuttosto sana. Gelosia ossessiva La gelosia ossessiva è, invece, già al di là di quanto può definirsi “normale”. Questo tipo di gelosia affonda le sue radici nel dubbio profondo della persona circa la sua insicurezza nel potersi fidare dell’Altro e di se stesso. Implica la ricerca costante di rassicurazioni e conferme sul fatto che il partner non l* tradisca. Non appena un terzo si profila nel contesto della coppia per il geloso ossessivo si scatena l’inferno. Questi fa molta fatica a reggere la presenza di un terzo sulla scena e ineluttabilmente scatta la competizione e il controllo sul partner. Il controllo, unico strumento che dà un po’ di tregua ai pensieri, non funziona mai a lungo, perché crea assuefazione, non è mai abbastanza e si cerca sempre di più. Per contro, il controllo fa sentire l’altro oppresso e privato della propria libertà, condizioni che non possono garantire la felicità in nessun caso. Gelosia delirante Il delirio di gelosia è lo stato più grave. Il dubbio lascia il posto alla certezza. Spunti paranoidi o paranoici sono molto frequenti in questi casi.  Si può credere che il partner sia in combutta con un terzo, magari un collega o un amico, per prendersi gioco del soggetto. Non si tratta più solo del timore di perdere qualcuno importante, ma c’entra con l’idea che il soggetto stesso ha di sé e di come si sente visto e l’altro è simbioticamente associato al soggetto stesso. Va da sé che questi sono i casi più gravi, in cui il controllo è maniacale e comunque impossibile da soddisfare. Sono casi in cui il termine della relazione e la separazione non possono essere accettati perché, il partner è al contempo il soggetto stesso in una deriva fusionale ed è possesso del soggetto. Per questo, purtroppo, nei casi di cui leggiamo negli articoli di cronaca, gli uomini di questo genere, quando lasciati, arrivano a gesti estremi, perché non tollerano che il partner, che considerano qualcosa di loro possesso, possa staccarsi. Oltre questi gradi possibili di gelosia, è possibile distinguere ad esempio diversi tipi di gelosia in base all’oggetto o all’origine di questo sentimento. Gelosia retroattiva Per alcune persone un ex diventa oggetto di una gelosia bruciante, un pensiero fisso. Sono elevati al rango di rivali d’amore, anche se sono sposati o comunque non mostrano alcun interesse. Questo succede perché hanno già vissuto una storia insieme e per questo, nel confronto con loro, ci si sente sconfitti. Questa dinamica non ha nulla di razionale, è bensì affettiva. L’ex è identificato in maniera inconsapevole al proprio ideale. Se è stato degno di essere oggetto dell’amore di chi io amo, allora deve essere speciale. Deve avere ciò che a me manca affinché anche io possa essere speciale. Secondo questo ragionamento, l’ex, che più che essere il vero ex è l’ideale-rivale del geloso, incarna l’incubo peggiore in quanto è lo specchio del soggetto, perché condivide la stessa posizione, ma con in più ciò che lui sente gli manca. Di solito, questa gelosia si limita al periodo iniziale del rapporto, quando il sentimento non si è del tutto consolidato e affonda nell’insicurezza del soggetto circa il proprio valore, nel confronto percepito con gli altri. Gelosia proiettiva Secondo Freud, questo tipo di sentimentoè relativa alle tendenze, messe in pratica o meno, che il soggetto geloso prova, ma che poi proietta sul partner. Una sorta di contrappasso per cui questi soggetti che tradiscono o vorrebbero tradire, si immaginano lo stesso tipo di comportamento da parte del partner. La gelosia è dunque il risultato della proiezione della propria tendenza all’infedeltà. Alcune considerazioni generali sulla gelosia e sull’amore La gelosia affonda in un’insicurezza che è tanto umana, quanto prerogativa specifica della condizione amorosa. Secondo Freud, in un’ottica edipica, la gelosia è legata al sentimento di esclusione rispetto all’amore della coppia genitoriale, da cui inevitabilmente ci si sente tagliati fuori. Alla base c’è paura di esclusione e di abbandono che però non vanno letti come un limite. L’amore si basa sulla mancanza e non si ama davvero se non si è capaci di tollerarla. Un detto giapponese dice che il vero amore è essere felici per chi si ama anche se questi non vuole noi, ma qualcun altro. Per amare bisogna essere disposti a perdere, almeno consapevoli che esiste questa possibilità. La gelosia, nella sua forma più patologica, è in profonda antitesi con ciò. E’ puro possesso perché riduce l’Altro ad oggetto di cui disporre come si vuole. Privare qualcuno della libertà, della spontaneità, della propria soggettività è un atto che non può definirsi d’amore. E’ comprensibile accettare che il partner possa essere geloso in virtù di sue particolari difficoltà o fragilità, ma se questa gelosia diventa un ostacolo ad una vita piena e felice, forse è il caso di capire se è il caso di proseguire la relazione. Articoli sulle relazioni

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dipendenza affettiva come uscirne

Uscire dalla dipendenza affettiva

Uscire dalla dipendenza affettiva: La cura della dipendenza affettiva si basa su una serie di colloqui psicologici volti a comprendere la natura del problema e le sue cause profonde. L’obiettivo principale è raggiungere una maggiore serenità e ricominciare a vivere la propria vita con una nuova consapevolezza. Il metodo utilizzato per affrontare la dipendenza affettiva è quello psicoanalitico, un approccio che trae origine dal lavoro di Sigmund Freud e che nel corso del secolo scorso è stato rivisto, integrato con altre discipline e approfondito da Jacques Lacan. Attraverso l’analisi e la ricostruzione della storia del paziente, si aiuta il individuare la chiave per decifrare i sintomi e raggiungere una completa remissione. La psicoterapia ad indirizzo analitico si configura come uno strumento valido ed efficace per affrontare e superare i sintomi della dipendenza affettiva e di altri disturbi contemporanei. I percorsi terapeutici di questo tipo prevedono solitamente una seduta settimanale, ma la durata può variare in base alla persistenza del sintomo, alla tenacia delle resistenze e alla volontà del paziente di approfondire le proprie dinamiche psichiche. Che cos’è la dipendenza affettiva? La dipendenza affettiva è considerata una delle nuove forme di dipendenza, in cui una persona non dipende da una sostanza, ma da una relazione patologica. Questo disturbo comporta una modalità di vivere la relazione in cui il soggetto nega i propri bisogni e spazi personali, concentrandosi esclusivamente sulla relazione stessa come unico scopo di vita. Tuttavia, è possibile guarire dalla dipendenza affettiva, e intraprendere un percorso psicologico può rappresentare un passo fondamentale per superarla. La dipendenza affettiva ha le sue radici spesso nell’esperienza di vita e nei legami familiari del soggetto. Un percorso individuale consente di prendere consapevolezza e liberare sentimenti repressi o traumi vissuti. All’interno di uno spazio di riflessione protetto, in cui l’ascolto empatico e privo di giudizio è garantito dal segreto professionale, è possibile affrontare ed elaborare gli eventi significativi che hanno segnato la vita di ciascuno in modo unico. Presso il mio studio, situato a Milano in Via Giorgio Washington 14, offro uno spazio di riflessione sicuro e protetto. Qui, si è invitati a parlare liberamente, in un contesto di ascolto empatico e privo di giudizio. Il segreto professionale è garantito per tutelare la tua privacy e creare un ambiente di fiducia. Sono il Dott. Vito Iannelli, psicoterapeuta e psicoanalista iscritto all’albo dei psicologi della Lombardia con il numero 15557. Con la mia esperienza e professionalità, sono qui per guidarti nel tuo percorso di guarigione dalla dipendenza affettiva e nel raggiungimento di una vita autentica e appagante.

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love bombing

Love bombing

Che cos’è il love bombing? Con la definizione di Love bombing si identifica la strategia manipolatoria con cui, attraverso il “bombardamento” di gesti romantici, frasi dolci, sorprese mozzafiato, dichiarazioni importanti …,  una persona riesce ad accattivarsi la fiducia o i sentimenti di un’altra, per un secondo fine. Il love bombing può essere considerato, nella sua forma più patologica, come un vero e proprio plagio, finalizzato ad ottenere il controllo su di un’altra persona. La definizione è stata coniata dalla ricercatrice Margaret Singer per definire la modalità persuasiva e manipolatoria con cui i guru o gli adepti di  sette reclutano nuovi proseliti o i truffatori possono circuire le loro vittime (leggi a questo proposito quello che ho scritto sul Catfishing). Ma il Love Bombing è sempre patologico? Se si cerca su google i termini: Love Bombing, appare subito chiaro come l’accezione contemporanea più diffusa per questo comportamento sia associata ad una figura oggigiorno molto conosciuta, il narcisista patologico. In questa cornice il love bombing sarebbe dunque una tecnica manipolativa, utilizzata dal narcisista, in maniera più o meno inconsapevole, per legare a sé il partner. Questo avviene nella fase iniziale della frequentazione, si sovrappone alla fase della “luna di miele” e può essere confusa con questo momento inaugurale di ogni rapporto romantico. Le differenze sostanziali sono due: 1) tutto è troppo: troppo romantico, troppo intenso, troppo veloce, ma anche troppo impegnativo col senso di poi; 2) una volta che il partner è stato conquistato, fa la sua apparizione la tanto temuta “svalutazione”. Idealizzazione e svalutazione Questi due meccanismi psicologici nelle relazioni romantiche si manifestano in maniera massiccia. L’idealizzazione è molto presente all’inizio e permette la costruzione di un legame con l’altro. In fondo è grazie all’idealizzazione che una persona del tutto sconosciuta può gradualmente acquisire valore per un’altra. Chi idealizza profonde i propri sforzi affinché possa conquistare l’oggetto del suo desiderio, ciò implica che venga a sua volta idealizzato. E’ esattamente questo l’aspetto a cui mira il love bomber: essere idealizzato per poter avere potere sull’altro. Una volta forte di questo potere, avrà il controllo sull’altro e utilizzerà la svalutazione come mezzo per correggerne il comportamento per il suo tornaconto. La svalutazione comporta dolore e sofferenza. Tuttavia brucia ancora di più se proviene da qualcuno che amiamo, perché da questi, più che da altri aneliamo il riconoscimento. Nel momento in cui questo comportamento è deliberato si può parlare senza fronzoli di plagio o abuso psicologico. Qualora non sia del tutto intenzionale è comunque un atteggiamento manipolatorio diretto ad avere il controllo sull’altro. Il desiderio di controllo è quanto di più lontano ci sia dall’amore. Caratteristiche del love bombing Ricapitolando quindi il love bombing è una strategia manipolativa che, con le dovute attenzioni, può essere riconosciuta fin dall’inizio. Di seguito una lista di comportamenti, individuati dalla ricercatrice americana Lori Nixon Bethea, la cui presenza può far sorgere il dubbio tra un onesto corteggiamento e il Love bombing: Love bombing nelle relazioni amorose Non credo sia così facile stabilire il grado in cui il love bombing è una tecnica messa in pratica con completa deliberazione. Sicuramente nei casi patologici è così. Mentire senza ritegno per ottenere la fiducia e la stima dell’altro, per raggiungere i propri fini, è un comportamento sociopatico, non solo narcisistico. Tuttavia è ben più comune che questi soggetti comunichino all’altro quello che davvero sentono. Il sentimento non mente ma è ingannatore. Nel senso che se non trattato può scomparire presto e ripresentarsi da un’altra parte per un’altra persona. Quello che spesso capita è che uomini o donne si sforzino di conquistare una persona ma poi realizzano che ciò che davvero gli interessava era solo la sfida prospettata dalla conquista. Dopo che abbiamo considerato questo punto di vista, il Love Bombing, corrisponde ad una strategia per ottenere al più presto quello che si desidera. La “conquista” di chi è stato posto sul piedistallo dell’idealizzazione e qui ci rimane fintanto che si nega, che non si apre del tutto. Salvo poi che, nel momento in cui si danno le reali condizioni affinché la relazione possa esistere, perché chi era inseguito si decide, il love bomber può tirarsi indietro. Forse non era davvero pronto per una relazione, forse una volta ottenuto il riconoscimento che cercava è soddisfatto, oppure è troppo spaventato dal fatto che le cose possano farsi serie. Per quanto diverse, queste motivazioni non cambiano il comportamento messo in atto, che è sempre il medesimo: sparire, ma con riserva, per non perdere un aggancio, per la paura di fare un passo sbagliato. Potrebbero interessarti anche:

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silenzio

Trattamento del silenzio

Che cos’è il trattamento del silenzio? Il trattamento del silenzio, o silenzio punitivo, è un comportamento passivo-aggressivo tale per cui, all’interno di una relazione stretta, un suo componente non risponde e talvolta arriva persino ad ignorare l’altra persona. La durata è varia, da pochi minuti – ma in questo caso non credo sia corretto definirlo tale – può durare anche ore o addirittura mesi e anni. Silenzio Punitivo Quello che oggi è nominato silenzio punitivo trae spunto dal trattamento del silenzio, una tecnica di punizione utilizzata nelle prigioni inglesi in seguito alla riforma carceraria del diciannovesimo secolo. Alle punizioni corporali venne sostituito il silenzio. Quando bisognava punire qualcuno, gli si impediva di parlare e si smetteva di rivolgergli la parola. Molti di loro impazzirono. Chi subisce questo tipo di silenzio non ha la possibilità di poter comunicare con l’altro, anzi è nella posizione di non ricevere neanche risposta alle proprie domande. Questa situazione genera sentimenti di inutilità e di abbandono, oltre che frustrazione per l’impotenza suscitata dall’altro.  Secondo alcuni terapeuti viene utilizzato da chi ha scarse competenze comunicative e fa coì perché non riesce ad esprimere se stesso. Secondo altri si tratta invece di una forma di controllo o persino di abuso. Il senso di potere Sicuramente chi lo mette in atto conquista un certo controllo sull’altro e questo gli restituisce un senso di potere. Il silenzio non è mai un vero atto di “silenzio” ma è funzionale a quanto il musone vuole ottenere. Certo, può aver acquisito questa modalità perché l’ha subita nella sua famiglia di origine o da altri, ma è una pratica che può logorare la relazione. Come si supera il silenzio? Per superarlo, chi lo subisce, dovrebbe cercare di rompere lo schema in atto. Piuttosto che preoccuparsi della contingenza o esprimere preoccupazione potrebbe: Scherzare su quanto sta accadendo o ricoprire di attenzione positiva il taciturno; Tagliar corto e ritornare alle proprie occupazioni personali, in attesa che l’altro ritorni “normale”. Queste semplici indicazioni possono risultare davvero difficili da attuare ma sono quello che l’altro non si aspetta e per questo, venendo meno quella percezione di “controllo”, potrebbero rompere lo schema. L’importanza del Dialogo Chi lo mette in atto dovrebbe cercare di sforzarsi di adottare una comunicazione più positiva, il potere offerto dal silenzio è effimero e alla lunga rischia di mettere in crisi il rapporto. E’ un circolo vizioso che può essere interrotto dal tentativo di comunicare apertamente. Questo è possibile se si rinuncia alla lotta di potere che mira a sottomettere l’altro e ci si apre ad un dialogo costruttivo. Se chi si chiude, lo fa perché non si sente in grado di comunicare, deve impegnarsi ancora di più perché una coppia senza comunicazione è l’accostamento di due individui soli. Problemi relazionali

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ansia da separazione

Ansia da Separazione

Di che tipo di disturbo si tratta? L’ansia da separazione è la paura, il timore e l’angoscia rispetto alla separazione dalle figure di attaccamento, quali la madre, il padre o gli altri più significativi, o da casa. Il bambino che soffre del disturbo d’ansia da separazione non è in grado di tollerare la separazione da queste figure e vive la condizione di separazione effettiva o imminente con grande angoscia. Avrà la tendenza ad evitare situazioni fuori di casa o lontano dai genitori per non separarsene. Sono frequenti incubi o fantasie che realizzano questa separazione attraverso eventi imprevisti e traumatici come malattie gravi, rapimenti o incidenti automobilistici… Tuttavia, la sola presenza di questi criteri non è sufficiente per eseguire una diagnosi del disturbo d’ansia da separazione, ma possono essere un campanello d’allarme se tutti presenti e di entità importante.  Non sempre è un disturbo Quando ero piccolo, complici alcune leggende urbane che avevo ascoltato e mi avevano impressionato, avevo sviluppato la paura di essere rapito. A lungo sono tornato ad interrogarmi su quella paura infantile per capire cosa potesse esserci dietro. Oggi credo che l’ansia da separazione sia una buona risposta. In fondo, il timore dietro il rapimento, era di esser portato via dalla mia famiglia, di non poter rivederli più. Trovo che più o meno nell’infanzia di tutti sono presenti paure di questo tipo. Cerchiamo allora di capire quando l’ansia da separazione può essere definita un disturbo. Sintomi dell’ansia da separazione Secondo il DSM-V, l’ansia da separazione può essere definita un disturbo quando, nel caso di bambini e adolescenti sotto i diciotto anni per almeno quattro settimane e nel caso di adulti per almeno sei mesi sono soddisfatti almeno tre dei seguenti criteri: Eccessiva sofferenza quando viene comunicata imminente separazione o quando questa si verifica; Estrema apprensione per la salute o la morte dei propri cari, particolarmente quando separati da essi; Particolarmente preoccupati per eventi imprevisti che potrebbero accadere loro e che li terrebbero distanti dalle figure di attaccamento; Sono riluttanti o si rifiutano di uscire da soli a causa delle ansie di separazione; Hanno eccessiva paura o riluttanza a trovarsi da soli a casa o in altri contesti senza le figure di attaccamento predilette; Mostrano riluttanza nel dormire senza le figure di attaccamento o lontani da casa. I bambini con questo disturbo durante la notte cercano di farsi strada verso il letto dei genitori o di altri significativi. Possono essere riluttanti ad andare al campo estivo o a dormire a casa di amici. Gli adulti, invece, possono aver problemi a dormire fuori casa; Possono ripetersi sogni che hanno il focus sull’ansia da separazione; Sintomi fisici possono presentarsi sia in bambini che in adulti. Nei primi i più comuni sono nausea, mal di pancia, mal di testa quando viene comunicata imminente separazione o quando questa si verifica. Negli adulti o adolescenti è più ricorrente la manifestazione di sintomi cardiovascolari come palpitazioni, vertigini e mancamenti.  Nel caso di adulti il criterio temporale va in ogni caso considerato non in maniera rigida ma piuttosto come una guida. Non è fondamentale che la durata sia del tutto soddisfatta. É più indicativa dell’eventuale presenza del disturbo verificare quanto l’ansia da separazione crei difficoltà a livello occupazionale, sociale e in tutte le principali aree di funzionamento della vita.   Considerazioni sull’ansia da separazione L’elemento centrale, tanto per i bambini quanto per gli adulti, in questo disturbo è l’impossibilità di tollerare la perdita. La separazione è in fondo una perdita. Allora non è raro ritrovare nella storia di chi soffre di questo disturbo una perdita precoce e non elaborata. E’ chiaro che è molto diversa la paura della perdita di un bambino da quella di un adulto, tanto per il maggior impatto traumatico che può avere nel bambino, quanto per la mancanza di strumenti affinati per far fronte ai grandi eventi della vita. Non va tuttavia sottostimato il peso che può avere nella vita di un adulto una perdita importante, non è secondario infatti la capacità individuale di saper reagire ad un evento traumatico. Un esempio celebre di soluzione originale Qualche anno fa ho visto un documentario molto interessante sull’artista Banksy. Il lungometraggio, del 2010, si chiama “Exit through the gift shop” ed ha anche ricevuto una candidatura all’oscar. La storia dietro è molto complessa e poco chiara, come sempre quando dietro c’è Banksy, non si è sicuri in fondo se il documentario infatti sia vero o falso. L’elemento che mi interessa riportare qui è la storia dell’uomo che si occupa di fare le riprese: Thierry Guetta. Presentato come un amante delle videoriprese, segue dappertutto gli street artist per registrare tutto quello che fanno. Ma proprio tutto. E’ riportata anche l’origine di questa sua passione: quando era piccolo sua madre si era ammalata e, vista la sua tenera età, la famiglia aveva pensato bene di tenerlo all’oscuro e mandarlo da dei parenti per evitargli di vedere con i suoi occhi la malattia della madre. Anche quando questa muore lui non ci sarà e verrà a saperlo solo dopo. Crescendo, sviluppa questa passione per i video, grazie anche alla disponibilità in commercio delle prime videocamere portatili. Non si fermerà più, riprenderà ogni momento importante della propria famiglia e non solo e attraverso questo comportamento riuscirà ad esorcizzare la paura di poter perdere di nuovo qualcosa di importante. E’ interessante come quest’uomo abbia sviluppato la sua personale soluzione all’angoscia della perdita.  La costruzione in psicoterapia In fondo, ognuno di noi è chiamato a trovare la propria soluzione e ne svilupperà una, nociva o benefica. Un percorso di psicoterapia fa la differenza in questo. Aiuta chi non è in grado, da solo, di fronteggiare prima il dolore di una separazione e, attraverso la sua elaborazione, a ritrovare la capacità di seguire la propria strada.

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vittima bullismo

Bullismo e Cyberbullismo

Esistono diverse forme di prevaricazione, con cui alcuni, in apparenza più forti, cercano di soggiogare quelli che vengono definiti più deboli. Trattandosi di uno dei possibili legami tra gli esseri umani, non credo sia possibile datarlo, in fondo la parabola di Caino e Abele potrebbe esser letta come un episodio di prevaricazione portato alle estreme conseguenze. Oggi esistono diverse espressioni moderne di questo fenomeno, cyberbullismo o gli haters dei social, ma si tratta sempre della stessa cosa, del tentativo di annientare l’altro per il proprio tornaconto. Questa è una tesi molto generale, ma è tale perché penso che sia questo ciò che potrebbe accomunare tutte le situazioni.

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innamoramento, dipendenza affettiva

Dipendenza affettiva

Dipendenza affettiva: un innamoramento patologico Si parla sempre più spesso di dipendenza affettiva non solo sulle riviste o i social ma anche negli ambienti accademici e clinici tanto che da poco è stato ufficialmente riconosciuto come un disturbo affettivo della sfera psichica. Ma, in fondo, di cosa si tratta quando si nomina la dipendenza affettiva? La dipendenza affettiva è riconosciuta come una tra le nuove dipendenze, perchè il soggetto non dipende da una sostanza ma da una relazione. Infatti la dipendenza affettiva è una modalità di vivere la relazione patologica. Chi è affetto da questo disturbo arriva a negare i propri bisogni e propri spazi in funzione della relazione che diventa l’unico scopo di vita. Il periodo dell’innamoramento Prendendo in considerazione il periodo di innamoramento, la fase iniziale di una relazione amorosa, sarebbe difficile poter distinguere questo disturbo dal normale sviluppo del più autentico sentimento d’amore verso l’altro. Nell’innamoramento infatti si produce un forte investimento nei confronti del partner a cui corrisponde uno svuotamento di se stessi: l’amore, la stima e tutti i sentimenti più positivi sono depositati e attribuiti all’altro. La presenza dell’altro rende tutto possibile e infonde forza e coraggio. Nell’unione con il proprio partner ci si sente invincibili e imbattibili. Il periodo dell’innamoramento è probabilmente l’esperienza più intensa e meravigliosa che l’essere umano possa provare nella propria vita. Come in ogni situazione così felice e ricca di promesse, si tende a non considerare un altro aspetto: l’investimento che si fa sull’altro da dove prende le sue basi? Nell’innamoramento il soggetto si svuota dell’amore per sé, investendo ogni briciola dell’amor proprio nel partner. Durante questo periodo, quando manca l’altro, ci si può sentire persi, spaesati, incompleti come mai prima. Posso sentirmi completo a patto che io sia uno con l’oggetto del mio amore ed è proprio questa fusione, che è ricercata anche dal partner, che garantisce il senso di completezza per entrambi. Il passaggio dall’innamoramento all’amore maturo Il passaggio dalla fase di innamoramento all’amore maturo consiste nel consolidamento delle emozioni e passioni in sentimenti positivi più duraturi e stabili quali la stima, la fiducia, la tenerezza. Ognuno dei partner prova questi sentimenti e in questo passaggio si verifica anche una progressiva separazione verso l’indipendenza reciproca come conseguenza anche del riassorbimento di parte di quell’amore che era stato investito sull’altro. Non bisogna però considerare la transizione dall’innamoramento all’amore come un aspetto meramente temporale, ma anzi va pensato in una prospettiva logica. Infatti, se questo passaggio si compiesse in maniera definitiva, con il tempo l’indipendenza rischierebbe di trasformarsi in indifferenza e tutti i sentimenti, raffreddati, potrebbero voler cercare altrove un nuovo oggetto. Affinché i sentimenti sopravvivano è importante impegnarsi in una giusta e sana alternanza tra l’innamoramento e l’amore maturo. Perché un innamoramento può sfociare in una dipendenza affettiva? Le variabili sono numerose e non si collocano solo a livello personale, ma anche a livello dell’interazione della coppia. Infatti, non è detto che una persona svilupperà sempre dipendenza verso i partner, ma è più verosimile che la sviluppi verso un determinato partner, o verso più partner che però condividano le stesse caratteristiche. La dipendenza affettiva è spesso rivolta a partner che hanno i tipici tratti del narcisista, ovvero di qualcuno che fa sfoggio di una grande sicurezza e che, di conseguenza, viene percepito come una persona sicura. La sicurezza è un fattore importante in gioco, nel quadro della dipendenza affettiva, perché è proprio il tratto che mina e allo stesso tempo accende anche il sentimento. Chi è affetto da dipendenza affettiva solitamente pensa di avere all’inizio il controllo della situazione e per amore sopporta tutto, anche situazioni estreme. Quando la relazione finisce (solitamente la persona dipendente viene lasciata) chi soffre di dipendenza affettiva non trova un senso al proprio esistere e l’amore provato diventa ossessione. Il passaggio dalla padronanza alla perdita di controllo acuisce il bisogno dell’altro, solo quando questi è presente si torna a star bene. Si parla di dipendenza affettiva perché si ripresenta il processo generale della dipendenza, al pari della dipendenza da alcol o da sostanze stupefacenti, si ritrova la necessità materiale e concreta dell’altro per stare bene. Guarire dalla dipendenza affettiva Si può guarire dalla dipendenza affettiva.Intraprendere un percorso psicologico può sicuramente aiutare a superare questo disturbo. Le radici di una dipendenza affettiva vanno ricercate nel proprio vissuto e nei propri legami familiari. Un percorso individuale può rendere consapevoli e liberare sentimenti repressi o traumi vissuti.

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